L’inizio dell’amicizia con i fratelli Jean-Léon e Henri Thuile è fatta risalire da Ungaretti al 1907 o 1908, ma molto probabilmente va posticipata al 1911, 1912. I fratelli Thuile erano letterati e ingegneri. Jean-Léon era romanziere e Ungaretti ricorda di lui Les trio des damnés e L’eudémoniste; Henri, invece, era poeta, autore di La lampe de terre, versi dedicati alla moglie scomparsa, sempre apprezzati da Ungaretti. Erano figli dell’ingegnere capo per i porti e i fari d’Alessandria, morto per cause accidentali all’Esposizione Universale di Parigi prima dell’amicizia dei tre giovani. Nel suo incarico venne sostituito da Monsieur Gaston Jondet, che proprio così scoprì il porto sepolto, di età faraonica, capace di ospitare una flotta intera, secondo quanto Ungaretti scrisse nel Quaderno egiziano. Il porto di Faros era un’idea colossale di ingegneria, con frangiflutti rettilinei di una lunghezza di due chilometri. Di qui sbocciò il titolo della raccolta delle poesie nate in guerra, Il Porto Sepolto, simbolo di “ciò che di segreto rimane in noi indecifrabile”.
I Thuile evevano ereditato dal padre una fornita biblioteca romantica e l’avevano arricchita di opere contemporanee. Ungaretti si recava a casa loro ogni settimana; abitavano fuori Alessandria, al Mex, in una costruzione di legno in riva al mare e all’orlo del deserto che porta in Libia: “Casa a tentoni / da una parte troppo mare / troppo deserto dall’altra”, così la ricorda Ungaretti. Jean-Léon ricordava che le discussioni letterarie fra di loro vertevano su Claudel, Verlaine, Rimbaud, Péguy, Apollinaire. In Quaderno egiziano c’è il ricordo ungarettiano più significativo dei due fratelli; fra l’altro vi si legge: “Al Mex mi legano anche gli ultimi anni che ho trascorso in Egitto, prima di staccarmene nel 1912”. La casa dei Thuile “pareva la casa degli spiriti. Una casa ibseniana in Affrica… Possedevano le pubblicazioni più notevoli e più rare di tutto l’Ottocento e le recenti, rilegate con lusso quasi maniaco, allineate in una stanza immensa. La scoperta di questa Mecca del libro fu per me una gioia che solo può immaginare chi, cresciuto per forza di circostanze lontano dal centro intellettuale ch’egli ritiene proprio, si sia abituato a vederlo come un miraggio… Quell’ebrezza che dava la lettura, sui tappeti silenziosi, accompagnata dai colpi d’ala del vento sulle onde, la riproverò mai?”.
Tratto da: "Album Ungaretti" - Ed. Mondadori
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